I Nuovi Orizzonti di Remo Romagnuolo
Remo Romagnuolo è nato a Pietrastornina. La sua famiglia lascia il paese per la città alla ricerca di una vita più agevole. Andar via, sia pur con dolore, da quelle terre povere e trascurate era cosa tristemente abituale per gli abitanti che numerosi migravano. Remo cresce e vive a Napoli dove, nell’ambiente degli artisti, si forma e si sviluppa la sua capacità espressiva, si evidenzia il bisogno di esplorare e sperimentare i più diversi linguaggi iconici, di attraversare le varie forme dell’arte pittorica dal figurativo all’astratto approdando anche su territori tecnologici di ultima generazione e, soprattutto,si acuisce la sua sensibilità verso le problematiche del sociale. Chi appartiene a comunità che hanno vissuto la lacerazione dello sradicamento dal suolo natìo ne comprende a fondo il dramma. Dramma collettivo di tanta Italia e soprattutto del Sud, che dalla fine dell’800 e per i primi decenni del ‘900 ha visto l’esodo di milioni di persone verso le Americhe e successivamenteverso i paesi dell’Europa, nella migliore delle ipotesi verso Napoli, come Remo e la sua famiglia. Spostamenti epocali che hanno avuto come conseguenza lo spopolamento dei centri rurali e l’abbandono delle coltivazioni in quella “amara terra mia, amara e bella…”, come recita la canzone di Modugno riferendosi allo strazio degli emigranti meridionali. Un emigrante di Pietrastornina AlfredoBascetta, da New York, sul filo del ricordo e della nostalgia, scriveva in una canzone “Paese mio, pezzerillo e luntano”. Dopo decenni di mostre in vari luoghi d’Italia e con un ricco curricolo di successi, di premi e di critiche elogiative, Remo Romagnuolo torna al suo paese “pezzerillo e luntano” in quella terra “amara e bella”, per portarvi il suo contributo di arte. Da anni accarezzava il progetto di una mostra al suo paese come un atto d’amore, un dono eticamente dovuto al luogo che lo ha visto nascere. Nonostante anni di distacco e di lontananza esso è rimasto, radice possente e indelebile, nel ricordo e nel vissuto familiare tanto che, in un quadro, un riferimento precipuo ai cognomi delle famiglie locali di ieri e di oggi sta a testimoniare il legame identitario inscindibile con una cittadinanza che la diasporasocio-economica nei decenni ha ridotto di numero.Una mostra intensamente meditata, che guarda al presente con l’ottica di chi non dimentica la lezione del passato, caratterizzata dunque da viva attenzione al fenomeno attualmentepressante di questa migrazione,in senso inverso,da parte di tanti disperati che approdano sulle nostre spondeoggi a loro volta alla ricerca di NUOVI ORIZZONTI. Contenutisticamente l’autore analizza le ragioni antropologiche di un evento di così vasta portata storica suddividendo l’esposizione delle opere in più momenti: le realtà dei paesi d’origine, la fuga in Europa, le realtà dei paesi di destinazione, e distribuendola in più spazi interni all’edificio del Comune, come il Museo Donato Massa e la Sala Consiliare, ed esterni come la sala del Ristorante Urciuolo, quasi a voler creare una raggiera di messaggi tra più luoghi del paese e un’osmosi tra l’età dei ricordi di quando i migranti eravamo noi e l’età attuale in cui noi siamo coloro che “accolgono”. Il racconto visivo delle considerazioni che accompagnano la vicenda migratoria dalle cause alle conseguenze, agli sbarchi di massa, alle morti in mare, all’accettazione o ai rifiuti, all’accoglienza o ai respingimenti, ai riferimenti ad altri travagliati momenti della storia dell’umanità, è espresso mediante flash fortemente incisivi, sguardi smarriti di bambini, espressioni sofferenti di donne, di madri spaventatee coraggiose.Ivolti, seppur delineati con precisione fotografica, traspaiono dietro campiture a fasce arcuate di intenso cromatismo che saettano come lingue, le cui vibrazioni ne accentuano la drammaticità, mentredietro geometrismi aspri e angolosi ombre armate s’intravedono minacciose a rendere manifesta la durezza del terrorismo e della violenza.Arcobaleni in movimento accompagnano il bisogno di poesia, di pace e di amore. Scritte o simboli concettualmentesi intersecano alla sinfonia di strisce ricurve di colore a comunicare messaggi nella sintesi dell’immediatezza.Inconsueto eppur estremamente significativo accostamento di immagini iperrealistiche e gioco di forme astratte di puro colore e di luce in una creatività spigliata e insieme attenta alle cose del mondo, vigile e insieme fantasiosa e sognante, radicata nel sociale e insieme positivamente aperta alla speranza.
YVONNE CARBONARO
Direttrice del Museo della Ceramica Donato Massa di Pietrastornina